02 Mar Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro : in che direzione ci stiamo muovendo?
Siamo sempre stati abituati a valutare le prestazioni lavorative in base al numero di ore dedicate ed alla presenza sul luogo di lavoro del personale, ma la pandemia ci ha imposto di rivedere il concetto di “normalità” nel rendere la prestazione lavorativa, in particolare quella di natura intellettuale. L’impiego massivo dello smart working ha costretto i lavoratori a modificare le proprie abitudini, con la conseguenza di portarli a riconsiderare le proprie esigenze in un’ottica di bilanciamento tra lavoro e vita privata.
La modernizzazione richiesta da molti lavoratori per lo svolgimento dell’attività lavorativa secondo questi nuovi criteri necessita una rivisitazione, in primis, del concetto di orario di lavoro.
Sul tema il dibattito si staglia su due fronti: il primo relativo alla flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro, il secondo relativo alla riduzione dei giorni della settimana lavorativa (a parità di retribuzione). In molti Paesi del mondo sono numerose le sperimentazioni in corso riguardanti la durata della settimana di 4 giorni, in Italia la più nota è Intesa Sanpaolo. In entrambi i casi il tema di fondo rimane lo stesso: l’orario conta di meno, è il risultato ad essere il fine da raggiungere, e i lavoratori bramano la libertà di potersi gestire con maggiore libertà.
In un momento storico molto particolare, delle cosiddette “grandi dimissioni”, la partita delle aziende si gioca non solamente sui riconoscimenti economici corrisposti ai lavoratori (che rimangono comunque una leva molto importante) e che sarebbe opportuno collegare ai risultati ottenuti, ma anche su altri aspetti e benefits non economici, come la possibilità di prestare la propria attività lavorativa in smart working o avere a disposizione servizi di altra natura (welfare, assistenza sanitaria integrativa, ecc.)
La vera sfida per le aziende, quindi, per trattenere le proprie risorse strategiche o per accaparrarsele nel mercato del lavoro, è quella di riuscire ad essere competitiva non solo offrendo aumenti retributivi, ma mettendo a disposizioni altri strumenti che consentano complessivamente il miglioramento delle condizioni di vita dei propri lavoratori.