19 Feb L’INPS ed i nuovi controlli sul massimale IVS
L’INPS, con il messaggio n. 5062 del 31.12.2020, ha dato il via ad una task force dedicata al controllo dell’esposizione dei dati previdenziali in materia di massimale contributivo IVS, incrociando i dati esposti nelle denunce Uniemens con le anzianità contributive dei lavoratori. Da qui, la pioggia di comunicazioni dell’Istituto, volte a bloccare il decorso dei termini prescrizionali, per massimizzare il recupero delle somme contributive.
Ma andiamo con ordine… Il massimale contributivo (art.2, comma 18, L.335/1995 – Riforma Dini), costituisce il limite di valore annualmente rivalutato oltre il quale la retribuzione non deve essere assoggettata a prelievo contributivo IVS. Questo, riguarda esclusivamente i lavoratori privi di anzianità contributiva alla data del primo gennaio 1996 ovvero coloro che, pur avendo un’anzianità contributiva antecedente, abbiano optato per il regime contributivo. Conseguentemente, la retribuzione eccedente il massimale costituisce base imponile unicamente per le contribuzioni minori.
Per anzianità contributiva, l’INPS ricorda, si intende il complesso di accrediti di contribuzione, indipendentemente se riferibili a diverse gestioni o se attribuibili a rapporti di lavoro privati o pubblici, dipendenti o autonomi, in Italia o all’estero. Si comprendono pure i periodi di contribuzione figurativa, facoltativa, da riscatto, i trasferimenti gratuiti od onerosi, nonché la contribuzione volontaria.
Ma come si deve comportare il datore di lavoro che riceve queste comunicazioni e soprattutto, perché le riceve il datore di lavoro e non anche il lavoratore? La fonte normativa è l’art. 23 della L.218/1952 secondo il quale la quota di contributi a carico del lavoratore, deve essere perentoriamente applicata nel mese di scadenza del periodo paga. Successivamente, l’onere contributivo ricade, nella sua interezza, a carico del datore di lavoro con tanto di sanzioni amministrative. Da qui, la notifica al datore di lavoro dell’importo totale della contribuzione omessa. Il pagamento, come anche il ricorso, deve avvenire entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento.
Si ritiene che, qualora il datore di lavoro abbia sempre raccolto la dichiarazione sullo status contributivo del lavoratore, e questi abbia dichiarato il falso (anche inconsapevolmente) o non abbia comunicato nessuna informazione oppure ancora non abbia comunicato un’eventuale variazione di rilevanza per questa tematica (ad esempio il riscatto di contributi ante 1996), il datore di lavoro sarà nella facoltà di recuperare la quota a carico del lavoratore (e le sanzioni) intimandone il pagamento o accordandosi applicando una trattenuta sul cedolino paga.