Indici di bilancio e merito creditizio: il  PFN/EBITDA

Abbiamo già avuto modo di introdurre le nuove metodologie utilizzate dagli istituti di credito a seguito dell’introduzione del principio contabile IFRS9 e delle relative problematiche riguardanti gli obblighi di verifica della qualità dei crediti concessi dalle banche al sistema, (“asset quality review” AQR), soffermandoci in particolar modo sul primo dei due particolari indici utilizzati nella valutazione del merito creditizio della clientela e del monitoraggio, il DSCR – Debt Service Coverage Ratio.

Oggi concentriamo la nostra attenzione sul secondo e cioè il PFN/EBITDA ovverossia la Posizione Finanziaria Netta su Earnings before interest, taxes, depreciations & amortizations

Il presente indicatore mette a confronto la situazione debitoria finanziaria, quindi in estrema sintesi il debito dell’azienda nei confronti del sistema creditizio con quello che in maniera ancora semplicistica viene considerato l’indicatore della capacità aziendale di far fronte agli impegni finanziari e cioè il margine operativo al lordo di ammortamenti, svalutazioni, oneri finanziari e imposte e tasse.

Tale quoziente, secondo le indicazioni ricevute dalla Banca Centrale e dalla prassi attualmente in uso non deve essere superiore a 5 per non creare allarmi e declassamenti nel rating.

La prima considerazione da farsi è che l’EBITDA è un indicatore prettamente economico, che mal si adatta nel confrontarsi con un dato prettamente finanziario quale il debito da rimborsare nei confronti del sistema creditizio. In altre parole il debito si ripaga con il flusso di cassa (la liquidità) che l’azienda riesce a produrre non con il margine che è un dato approssimativo della liquidità autoprodotta dall’azienda. Si potrebbero quindi verificare casi aziendali dove il margine è molto alto, ma la liquidità prodotta è insufficiente (immaginiamo il caso di un’azienda con un tasso di incremento del fatturato molto elevato senza un controllo del fido concesso alla clientela) e viceversa, con un effetto “falsato” sull’indicatore in questione.

La seconda considerazione è che il debito finanziario non è l’unico dato che influenza le passività aziendali, né l’unica passività che assorbe liquidità (pensiamo infatti ad elevati debiti arretrati nei confronti del Fisco, o dell’Inps con piani di rateizzazioni in essere o eventuali adesioni a procedure di rottamazione con la Riscossione).

In ogni caso le aziende sono chiamate a mantenere un controllo sull’espansione del debito finanziario che deve procedere proporzionalmente ai risultati economici evidenziati per evitare squilibri che potrebbero pregiudicare il futuro ricorso all’indebitamento  e i conseguenti piani di investimento.

Lo Studio si propone fin da ora per l’affiancamento dei propri assistiti nella valutazione della sostenibilità degli investimenti e nella presentazione degli stessi al sistema creditizio secondo le regole da quest’ultimo imposte.

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