18 Dic Demansionamento del lavoratore dipendente: quando è possibile?
Il demansionamento, ossia l’adibizione del lavoratore dipendente a mansioni inferiori rispetto a quelle presenti sul contratto di assunzione, costituisce una violazione di quanto previsto nell’art. 2103 c.c., il quale recita:” Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto….”.
Il demansionamento può costituire causa di mobbing e comportare il risarcimento del danno patito dal lavoratore.
Esistono però, nel nostro ordinamento, delle casistiche nelle quali il demansionamento non è solo possibile ma diviene anche lecito.
Tali casistiche sono:
· nel caso in cui avvenga una modifica degli assetti riorganizzativi aziendali, il lavoratore può essere adibito a mansioni inferiori, purchè rientranti nella medesima categoria legale (operaio, impiegato, quadro o dirigente);
· nei casi previsti dai CCNL o nella contrattazione aziendale di secondo livello (sempre all’interno della medesima categoria legale);
· l’inidoneità fisica sopravvenuta del dipendente allo svolgimento della mansione per la quale è stato assunto (repechage);
· nel caso in cui ci sia una lavoratrice in stato di gravidanza, se la mansione che le era stata contrattualmente assegnata può comportare un rischio alla salute della dipendente.
Il demansionamento del lavoratore dovrà avvenire per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore avrà diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa (es.: indennità di cassa).
L’attribuzione della nuova mansione dovrà essere accompagnata, ove necessario, ad una specifica formazione del lavoratore, relativamente alla diversa prestazione lavorativa.
L’unico modo per poter efficacemente modificare, oltre alla mansione, anche il livello e la relativa retribuzione è attraverso un accordo in una delle sedi c.d. “protette” (ITL, sede sindacale, collegi di conciliazione e arbitrato irrituali o avanti le commissioni di certificazione di cui all’art. 76 D.lgs. 276/2003).