Sulla sequestrabilità della “prima” casa e sull’auspicabilità di un intervento dirimente da parte delle Sezioni Unite

Molto dibattuta nella giurisprudenza di legittimità è la sequestrabilità – e, quindi, la possibilità di sottoporre a confisca – dell’immobile adibito dal responsabile del reato tributario a prima e unica abitazione.   

Nella giurisprudenza della Suprema Corte si registrano due orientamenti di segno diametralmente opposto: ad un primo orientamento, che depone per la non sequestrabilità del bene in ragione del bilanciamento con il diritto di abitazione costituzionalmente sancito, se ne contrappone un altro, secondo cui le limitazioni in punto di sequestrabilità, di cui all’art. 76, D.P.R. 602/1973, valgono solo nei riguardi dell’erario e con esclusivo riferimento al processo tributario, con conseguente legittimità del sequestro preventivo e della confisca penale che aggrediscono l’immobile così inquadrato.  

Tale approdo può, peraltro, dirsi allineato con la previsione dell’art. 2740 Cod. Civ., in base alla quale il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri, con la precisazione che eventuali limitazioni non sono ammesse, salvo che siano previste per legge. 

In mancanza di deroghe espressamente contemplate per i reati tributari, infatti, deve ritenersi che la responsabilità patrimoniale, nella materia in questione, operi senza restrizione alcuna. 

È tuttavia auspicabile, stante la divergenza degli orientamenti giurisprudenziali rilevata sul punto, un intervento dirimente da parte delle Sezioni Unite, specie in considerazione del rigore che specie i casi in cui la prima casa dell’indagato sia anche l’unico immobile a questo intestato impongono.