Smart working: il datore di lavoro può controllare il lavoratore a distanza?

A causa della pandemia e del conseguente “obbligo” di restare a casa, le aziende si sono avvalse di una modalità di svolgimento del lavoro subordinato che fino a quel momento era ancora poco utilizzata in Italia, ovvero lo smart working.

Il lavoro agile, disciplinato dalla Legge 81/2017, non costituisce una nuova tipologia contrattuale ma si tratta di una modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti. La prestazione non è più vincolata a predeterminati orari di lavoro o luoghi di lavoro ma si basa su forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi ricorrendo a strumenti tecnologici.

Negli ultimi anni una delle questioni più discusse è stata quella sulla legittimità o meno del datore di lavoro di porre un controllo “a distanza” nei confronti del lavoratore agile.

L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970 modificato dal D.lgs. 151/2015) prevede al comma 1 il divieto di installazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti che consentono il controllo a distanza del lavoratore salvo esigenze specifiche. Per attuare tali controlli è necessario un previo accordo sindacale o in mancanza l’autorizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Per gli strumenti di lavoro e quelli di registrazione delle presenze, invece, non sussiste alcun divieto di controllo e obbligo di accordo sindacale (art.4 c.2 L.300/1970).

Ma cosa significa strumento di lavoro? A tale domanda ha dato risposta non solo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che gli ha definiti come “mezzo indispensabile al lavoratore per adempiere la prestazione” (Circolare n.2 del 07.11.2016) ma anche il Garante della Privacy, il quale li ha definiti come strumenti che vengono utilizzati da parte del lavoratore in via primaria ed essenziale per il corretto svolgimento dell’attività lavorativa.

In linea generale quindi per i computer e la posta elettronica aziendale, essendo beni strettamente necessari per lo svolgimento della prestazione, possono essere qualificati come strumenti di lavoro e quindi sottoposti alla normativa dell’art.4 c.2 della L. 300/1970.

Nel mondo del lavoro si stanno realizzando sempre più software di controllo in grado di calcolare il livello di produttività e l’effettiva presenza dei dipendenti davanti al pc. Tali controlli sono stati classificati come sistemi di monitoraggio dell’attività lavorativa e di conseguenza non strettamente necessari per eseguire la prestazione lavorativa. Pertanto, per essere installati necessitano sempre del procedimento previsto dall’art.4 c.1 dello Statuto dei Lavoratori.

Il datore di lavoro, in ogni caso, ha l’obbligo di fornire ai dipendenti un’adeguata informativa sull’ effettuazione dei controlli e sulle modalità d’uso degli strumenti. Si prevede che il datore consegni al lavoratore nel dettaglio le modalità e le regole di utilizzo degli strumenti che permettono il controllo a distanza. Essa deve inoltre contenere un richiamo esplicito all’eventuale controllo che potrebbe essere realizzato con l’utilizzo dello stesso.

Ha altresì l’obbligo di rispettare la normativa sulla privacy nella raccolta e nel trattamento dei dati del dipendente.