Riflessioni di un consulente di aziende presenti online

Mi capita spesso di fornire consulenza fiscale, gestionale ed amministrativa ad imprese e professionisti che hanno un e-commerce o che sono presenti sul web anche senza finalità dirette di vendita.

E’ innegabile che al giorno d’oggi internet sia il miglior procacciatore d’affari per il numero di interlocutori che permette di raggiungere ed il costo col quale permette di farlo rispetto ad altre forme di comunicazione.

Se uno pensa ad un’attività correlata a quella online non viene certo in mente la figura del dottore commercialista, si pensa più facilmente ad un esperto informatico o ad un’agenzia di web marketing.

E qui credo si stia commettendo un grave errore. 

Non perché quelle citate non siano figure importanti o altrettanto fondamentali, ci mancherebbe, ne sono assolutamente consapevole e mi trovo spesso a collaborare con loro. 

Ma non possono essere le sole ed uniche coinvolte ed alle quali si demandano le sorti della propria attività, specialmente con una normativa fiscale come quella del commercio elettronico indiretto, in Italia, in Europa ed extracomunitaria.

Le realtà economiche che avviano un progetto online o stanno per posizionare anche sul web la propria azienda tendono invece a tralasciare l’importanza di una gestione economico, finanziaria specifica per la nuova area di intervento alla quale si stanno affacciando. 

Equiparare il mondo digitale a quello del mercato tradizionale, sia dal punto di vista della legislazione contabile e fiscale che dei processi aziendali, è assai frequente.

Spesso però si dimostra un grave errore che porta a fare investimenti sbagliati o a gestirli poi in modo inappropriato.  

Dei banali esempi? Nel commercio al dettaglio tutti fanno gli scontrini, e non sarebbero obbligatori.

La stragrande maggioranza non gestisce correttamente i resi, e sono il motivo principale su cui l’Amministrazione Finanziaria può contestare dette attività.

Si spendono migliaia di euro per progetti di web marketing, i famosi seo e sem, senza chiedersi prima se la propria azienda, il proprio prodotto, i propri strumenti o personale di lavoro siano adeguati.

A volte capita di interrogarsi anche su aspetti molto più banali della gestione fiscale.

Hai la partita iva esposta sul sito? E sembra impossibile, ma nel 50% dei casi la risposta è no.

Hai esposto i requisiti dell’art. 2250 c.c. circa la sede, il capitale, o l’unipersonalità della società? 

E anche qui, un caso su due è in difetto.

Ricordo a tal proposito che la RM n.60/E del 2006 fonte Agenzia delle Entrate ha stabilito l’obbligo per qualunque attività intestataria del sito di esporre la propria p.iva ed i propri dati societari, anche se il sito ha solo finalità pubblicitarie o di vetrina, quindi anche per tutte le aziende che non vendono sul web.

Queste due negligenze, banalissime e che in molti avremmo a priori dato assolutamente per scontate, possono costare in esito ad un controllo dai 250 ai 2.000 euro l’una e dai 206 ai 2.065 euro l’altra. 

Due banalissimi esempi, ma sintomatici di come sia meglio prevenire che curare. Il mondo della vendita online ha la propria disciplina, le proprie logiche e la propria normativa di riferimento, in tutte le sue sfaccettature.