Locazioni e Covid: alcuni nodi problematici nei rapporti tra proprietari e inquilini

Canoni rinegoziabili solo su base volontaria

Per le locazioni ad uso abitativo non esiste alcun diritto alla rinegoziazione dei canoni (che invece è stato di recente affermato per gli affitti commerciali dall’ordinanza del Tribunale di Roma 29683/2020). In linea di massima, quindi, anche in situazioni di difficoltà economica, l’inquilino è tenuto a pagare il canone nella misura pattuita.

È sempre possibile, invece, la rinegoziazione volontaria dei canoni. Non si tratta, nel caso di specie, di un nuovo contratto, ma di una revisione del contratto già in essere tra le parti. Nel caso, è opportuno registrare il nuovo accordo presso l’Agenzia delle Entrate.

La crisi non giustifica lo stop ai pagamenti, né ritardi nei pagamenti

I problemi economici dell’inquilino non legittimano né un’interruzione dei pagamenti, né il ritardato o inesatto adempimento degli obblighi assunti.

Tuttavia, se la morosità si riferisce ai soli mesi del lockdown, lo sfratto non può essere convalidato.

L’esecuzione degli sfratti per morosità (e per finita locazione) è stata sospesa fino al 31 dicembre 2020, con l’articolo 17-bis del Decreto Rilancio 34/20 (convertito nella legge 7/20) che ha prorogato la misura già prevista dal Decreto “Cura Italia” 18/20.

In definitiva, pertanto, se da un lato rimangono validi nei confronti dell’inquilino moroso i rimedi civilistici in tema di inadempimento e risarcimento del danno (articoli 1218 e 1223 del Codice), dall’altro nei confronti del conduttore non è allo stato possibile eseguire lo sfratto.

La pandemia non è motivo di recesso anticipato

Nelle locazioni abitative libere (4+4) o concordate (3+2), l’inquilino può recedere dal contratto in qualsiasi momento, per “gravi motivi”, comunicandolo al locatore con lettera raccomandata e preavviso di sei mesi (ciò salvo che le parti non abbiano contrattualmente stabilito un recesso svincolato dai gravi motivi e con un termine di preavviso minore).

La giurisprudenza ha indicato vari criteri per identificare i “gravi motivi” richiamati dalla legge.

Tra questi, tuttavia, non rientra – ad oggi – la perdita di interesse a causa della mutata situazione lavorativa o di studio determinata dalla pandemia da Covid-19.

Se l’inquilino abbandona in anticipo l’abitazione, a causa del Covid-19, è comunque tenuto a pagare quanto pattuito ed eventualmente a risarcire i danni provocati al locatore.