Il lavoratore dichiarato inabile alla mansione può essere licenziato?

Il rapporto di lavoro subordinato viene considerato un rapporto sinallagmatico (dal greco synallagma: accordo, contratto), ossia un rapporto nel quale una parte (il lavoratore) presta la sua opera manuale o intellettuale e all’altra (datore di lavoro) spetterà l’adempimento della controprestazione, remunerando il lavoratore per l’attività svolta.

Ma cosa succede se il lavoratore diviene inabile alla prestazione? Il datore di lavoro, essendo il lavoratore non più abile a svolgere la mansione per la quale è stato assunto, può licenziare il dipendente?

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 6497 del 9 marzo 2021, chiarisce che il datore di lavoro non deve solo poter dimostrare che il lavoratore, divenuto disabile, non sia più in grado di svolgere la mansione e che non ci siano altre posizioni disponibili in Azienda, ma deve anche poter dimostrare che è stato fatto tutto il necessario per trovare “ragionevoli accomodamenti”, anche quando l’adozione di tali misure finirebbe per incidere sull’organizzazione dell’azienda.

Tale principio deriva dall’art. 3, co. 3-bis, del D.lgs. n. 216/2003, il quale asserisce che: “Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità…”.

Per quanto sopra, la Suprema Corte ha stabilito che, per poter licenziare il dipendente, sia necessario dimostrare che assegnare il lavoratore ad altra mansione sarebbe troppo oneroso, anche per quanto riguarda la formazione, oppure lederebbe l’interesse di altri lavoratori.