Dichiarazioni infedeli, soglia del reato per ciascun socio: dalla Suprema corte orientamento favorevole ai contribuenti

In presenza di società di persone la sussistenza del reato di dichiarazione infedele dei redditi va verificata quantificando l’imposta evasa da ciascun socio e non complessivamente considerando i redditi sottratti dalla società.

A fornire questa interessante interpretazione è la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 31195/2020 che sembra rivedere il precedente contrario orientamento dello scorso anno (sentenza n. 19228/2019)

Ad avviso della Suprema Corte, il reato di dichiarazione infedele può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della società di persone – nel caso di specie una S.A.S. –, però, in tal caso, l’imposta sui redditi evasa deve essere calcolata avendo riguardo al reddito dei singoli soci.

La decisione in commento supera il precedente contrario orientamento espresso nella sentenza n. 19228/2019.

La recente pronuncia è correttamente basata sulla normativa fiscale in tema di redditi conseguiti dai soci delle società personali.

La differenza è assai rilevante: riferendosi alle singole dichiarazioni dei soci, affinché possa dirsi configurato il reato di dichiarazione infedele, ciascuna di esse deve sottrarre a tassazione almeno 100 mila euro di Irpef.