Apprendistato professionalizzante, ottimo strumento ma attenzione agli abusi

L’apprendistato è una delle tipologie contrattuali maggiormente risalenti nel tempo.

Infatti, tale rapporto era vastamente utilizzato già nel medioevo, dove gli apprendisti, spesso non pagati, aiutavano nelle forge i fabbri e gli armaioli.

Oggi il rapporto di apprendistato professionalizzante è regolato dal D.lgs 81/2015 (Jobs act) ed è definito come un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con funzione formativa.

Infatti l’apprendistato professionalizzante, solitamente riservato ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, si sostanzia in un rapporto di lavoro, la cui durata minima è di sei mesi e la massima è di 36 mesi o, nel caso di mansioni attinenti ai profili artigiani, di 60 mesi, nel quale la formazione ha un ruolo decisamente centrale.

A fronte delle agevolazioni retributive e contributive riservate dal legislatore e dall’INPS, sarà infatti necessario affiancare al lavoratore un tutor, scelto tra i lavoratori di almeno cinque anni di anzianità con mansione similare e con livello pari o superiore, il quale avrà il compito di seguire l’apprendista nel percorso di formazione interno e con il quale dovrà redigere il piano formativo individuale.

L’apprendistato professionalizzante è un ottimo strumento che ben si presta a implementare la professionalità dei giovani lavoratori ma che fin troppo spesso viene frainteso e abusato.

L’apprendista non è infatti un lavoratore “normale” ma è un soggetto che oltre a prestare l’attività per il quale è stato assunto dovrà essere seguito nel suo percorso, a stretto contatto con il tutor.

Emblematico in questo senso risulta essere il caso di cronaca che ha coinvolto una giovane apprendista di 22 anni, la quale prestava la propria attività in un’azienda tessile nel pratese, la quale è rimasta stritolata dall’orditoio a cui era addetta.

Oltre alle varie verifiche relative al rispetto delle norme sulla sicurezza negli ambienti lavorativi, che puntualmente scattano quando avvengono incidenti sul lavoro, ora l’azienda dovrà rispondere anche ad una scomoda domanda: perché l’apprendista stava manovrando il macchinario da sola, senza la presenza del tutor?

Le indagini faranno chiarezza in merito alle possibili responsabilità aziendali ma tale nefasto evento deve far riflettere e lanciare un monito per tutte le aziende che vedono l’apprendistato unicamente come uno strumento per abbassare il costo del lavoro, senza focalizzarsi sullo scopo di qualificare un nuovo lavoratore.

Si ricorda infatti che, nel caso in cui gli organi ispettivi rilevassero un abuso dell’istituto dell’apprendistato, rimuoverebbero ex ante tutti i benefici di natura retributiva e contributiva, obbligando l’azienda a pagare gli arretrati e trasformando il rapporto a tempo indeterminato.

Come detto, l’apprendistato è un ottimo strumento, che può davvero permettere ad un’azienda, grande o piccola che sia, di produrre un valore. Ma, come tutti gli strumenti, bisogna prestare attenzione all’uso che se ne fa.

Lo Studio è a disposizione per ogni eventuale chiarimento.