Anche se l’amministratore di condominio è una società c’è il reato di appropriazione indebita

Il reato di appropriazione indebita scatta anche quando ad amministrare il condominio sia una società, come previsto dall’articolo 71 bis delle disposizioni attuative Codice civile. Lo spiega la Cassazione con la sentenza 37190/2020. 

Il Codice civile, in effetti, consente a una società di amministrare il condominio e precisa che i relativi requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomìni, a favore dei quali la società presta i servizi. 

Tuttavia tali soggetti non possono utilizzare lo schermo giuridico societario per escludere la loro responsabilità per il reato di appropriazione indebita. 

Il giudice di legittimità ha, inoltre, affermato che l’aggravante dell’abuso di prestazioni d’opera non richiede che il rapporto intercorra tra l’autore del fatto e la persona offesa, essendo sufficiente che l’agente si avvalga di una relazione che gli consenta l’esecuzione del reato in danno di altri soggetti, agevolandone l’esecuzione. 

Non è necessario, quindi, che esista un rapporto di subordinazione, o di dipendenza o di un rapporto formale intercorrente tra l’autore del fatto e la persona offesa: è sufficiente che l’agente abbia tratto illecito vantaggio da un rapporto d’opera, abusando della posizione che ne derivava. 

Ne consegue che il reato è attribuibile alla ricorrente, persona fisica, che ha gestito i condomìni, sia pure utilizzando lo schermo giuridico della società a lei totalmente riferibile, in quanto legale rappresentante e socia unica