Accordi transattivi e termini per l’emissione delle note di credito iva

L’art. 26, comma 3 del DPR 633/1972 dispone che il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto ad emettere nota di credito al fine di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione entro un anno dall’effettuazione dell’operazione originaria, in caso di sopravvenuto accordo tra le parti.

L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili è così intervenuta analizzando il generico assunto normativo per il quale il termine annuale andrebbe applicato indistintamente a tutte le fattispecie di intervenuti accordi fra le parti, sottolineando come in alcuni casi ciò contrasterebbe con i principi di neutralità, effettività e proporzionalità dell’imposta, anche alla luce di normativa e giurisprudenza europee.

Nello specifico l’AIDC distingue i casi in cui l’accordo transattivo sia frutto della decisione comune delle parti di variare i termini contrattuali (esempio classico dell’inadempimento da parte del cessionario o committente riguardo il pagamento del prezzo/corrispettivo) da quelli in cui il sopravvenuto accordo sia finalizzato a definire una controversia, anche solo potenziale purché supportata da idonea documentazione, riguardo la corretta esecuzione del contratto da parte del cedente/prestatore.
Tale ultima fattispecie, infatti, comporta la modifica dell’assetto giuridico originario del contratto – che resta invece “immutato ed integro” nel primo caso – ragione per cui dovrebbe essere consentita la rettifica dell’operazione ai sensi del comma 2 dell’art. 26 DPR 622/1972 anche oltre il termine annuale, come accade per le altre “patologie contrattuali” di cui al comma 2, proprio in quanto modificative o estintive della pattuizione originaria.