27 Mar La nullità del patto di prova
Nella redazione delle lettere di assunzione sta assumendo un ruolo sempre più importante la corretta esplicitazione delle mansioni cui verrà adibito il lavoratore. Anche il famigerato Decreto Trasparenza, D.lgs 104/2022, ha riproposto la necessità di descrivere quantomeno sommariamente le mansioni strizzando l’occhio a un altro istituto che spesso arricchisce i contratti di lavoro, il patto di prova.
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza del 6 marzo 2023, riproponendo un orientamento della Cassazione (Cass. 1099/2022), ha riformato il giudizio di primo grado che vedeva un lavoratore impugnare il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova contestandone la nullità del patto stesso. Il lavoratore fondava la propria posizione sulla mancanza di una descrizione delle mansioni del contratto di assunzione per il periodo durante il quale il rapporto si è svolto. La Suprema Corte è stata chiara nel ritenere che il patto di prova deve contenere le specifiche mansioni che ne costituiscono l’oggetto.
A questo punto vi domanderete, ma non è sufficiente che nella lettera di assunzione sia indicato il rinvio alla contrattazione collettiva con specifica del livello e dell’inquadramento? Sul caso in trattazione, la Corte ha avuto modo di chiarire che se il richiamo alla contrattazione collettiva si rivela essere generico, perché ad esempio nella declaratoria contrattuale, a parità di livello, ci sono più profili professionali, viene meno l’oggetto del patto di prova determinando un vizio genetico. Di conseguenza il datore di lavoro non poteva esprimere validamente la propria insindacabile valutazione in merito all’esito della prova.
Ma se il patto di prova viene dichiarato nullo quali sono le conseguenze? I giudici di Milano sono stati certosini pure su questo aspetto andando a specificare che in caso di nullità del patto, il licenziamento è viziato a sua volta da nullità. Il regime sanzionatorio scaturente è la reintegrazione del posto di lavo con il riconoscimento di un’indennità volta a risarcire il danno pari a tutte le retribuzioni non percepite dal momento del recesso alla ripresa del lavoro (con un minimo di 5 mensilità).